massimo giletti altra stoccata a cairo

Massimo Giletti, noto conduttore televisivo, è tornato a parlare del suo passato, presente e futuro in un’intervista con Maria Latella su Rai 3. Dopo un lungo periodo di assenza dalla Rai e un burrascoso addio a La7 – dovuto in gran parte a conflitti con il presidente Urbano Cairo – Giletti esprime il dolore di aver visto distrutti i legami con amici e colleghi in un ambiente di lavoro che aveva costruito con dedizione. Sottolinea come la sua fu una sofferenza personale, e si dice aperto a un possibile futuro incontro con Cairo, sperando in un dialogo costruttivo.

Giletti affronta anche la chiusura del suo programma “Non è l’Arena”, sostenendo che le tematiche delicate trattate, in particolare quelle relative alla mafia, abbiano attirato l’attenzione di forze potenti e potenzialmente mafiose. In un accenno a conversazioni intercettate, fa riferimento a un commento di Marcello Dell’Utri, suggerendo che ci fossero pressioni per interrompere il suo programma.

Con un nuovo show in arrivo, intitolato “Lo Stato delle Cose”, Giletti è pronto a tornare in tv. Questo programma, che debutterà il 30 settembre su Rai 3, si propone di affrontare contenuti controversi e contrarian, riflettendo la sua inclinazione per un’informazione che sfida il consenso comune. Giletti confida nel potere della narrazione e nel valore di andare controcorrente, paragonando il suo approccio a quello dei salmoni.

Nel parlare della sua vita attuale, Giletti menziona il fatto di vivere sotto scorta, una condizione che è peggiorata nel tempo e che sottolinea la difficoltà del mestiere di giornalista in Italia. Riferendosi a giovani colleghi che rischiano la vita per compensi ridicoli, si interroga su perché, in un paese democratico, chi fa inchiesta debba trovarsi in situazioni di tale pericolo. Il suo punto di vista si concentra sulla necessità di una maggiore sicurezza e protezione per i giornalisti e sull’importanza della libertà di stampa nel contesto italiano.

Concludendo, Giletti esprime un sentito rammarico per le pressioni che subiscono i giornalisti e il bisogno di affrontare questo problema di fronte alla società.

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