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Alzheimer e Parkinson, un aiuto dall’invertebrato botrillo

L’invecchiamento patologico è diventato un tema di crescente importanza a causa dell’aumento dell’aspettativa di vita, con stime che indicano che l’1% delle persone oltre i 60 anni nei paesi industrializzati è affetto dal morbo di Parkinson. La previsione per le forme di demenza, inclusi Alzheimer e Parkinson, suggerisce un incremento da 50 milioni di casi nel 2010 a 113 milioni entro il 2050.

Per approfondire i meccanismi di queste malattie, si è posto l’accento sul Botryllus schlosseri, un invertebrato della Laguna Veneta, considerato un modello ideale per la ricerca. Studi presso l’Università di Padova e la Statale di Milano evidenziano come il botrillo possa fornire informazioni chiave sui meccanismi alla base delle malattie neurodegenerative.

Le malattie neurodegenerative rappresentano una sfida significativa per la medicina moderna, in particolar modo per la necessità di un invecchiamento sano. Alberto Priori, docente di Neurologia, sottolinea l’importanza di sviluppare modelli biologici semplici e riproducibili. Il botrillo si distingue per la sua capacità di mostrare l’invecchiamento e la degenerazione neuronale in tempi brevi, rendendo possibile la valutazione a basso costo di vari stimoli ambientali e farmacologici.

Questo invertebrato offre una opportunità unica per la ricerca grazie al suo ciclo vitale, che prevede sia riproduzione sessuata che asessuata. La sua capacità di rigenerazione rapida consente di osservare il ciclo di vita settimanalmente, rendendolo un “modello a invecchiamento rapido”. Tale dinamismo permette di confrontare neuroni nuovi e degenerativi nello stesso ambiente genetico.

Inoltre, le caratteristiche morfologiche dei neuroni degeneranti nel botrillo sono simili a quelle osservate nelle malattie neurodegenerative umane, suggerendo che la neurodegenerazione nel botrillo possa parallellarsi alle proteinopatie umane. L’amioloidogenesi, un processo noto nell’Alzheimer, è osservabile anche nel botrillo.

La ricerca propone che il botrillo potrebbe aiutarci a identificare nuovi obiettivi farmacologici e a sviluppare strategie innovative di trattamento. Inoltre, lo studio del botrillo include l’investigazione dell’effetto di tecniche di neurostimolazione non invasive, favorendo una comprensione più approfondita dei processi neurodegenerativi fin dalle prime fasi delle malattie.

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