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La seconda autopsia rivela una frattura vertebrale

Svolta nell’autopsia di Liliana Resinovich, la donna ritrovata morta a Trieste nel gennaio 2022. Una seconda autopsia ha rivelato una lieve frattura alla lamina della seconda vertebra toracica, che potrebbe indicare una morte violenta. Questo nuovo risultato giunge dopo che le indagini iniziali si erano orientate verso l’ipotesi del suicidio, contestata tuttavia dai familiari, in particolare dal fratello Stefano.

Nel giugno scorso, il pubblico ministero Maddalena Chergia aveva richiesto l’archiviazione del caso, ma il giudice delle indagini preliminari aveva respinto la richiesta, costringendo la procura a proseguire le indagini. Stefano Resinovich ha commentato i risultati dell’autopsia con cautela, affermando di non avere documentazione ufficiale ma sottolineando che, se confermata, la frattura dimostrerebbe che sua sorella è stata aggredita e non si è tolta la vita, come suggerito inizialmente. Ha chiesto alla procura di affrontare il caso con umiltà e di rivedere le indagini alla luce delle nuove evidenze.

La morte di Liliana è avvenuta il 14 dicembre 2021, giorno della sua scomparsa, e il suo corpo è stato rinvenuto 20 giorni dopo, con segni di traumatismi come una palpebra destra tumefatta e emorragie a livello della lingua e del muscolo temporale sinistro. L’autopsia precedente aveva già fatto emergere indizi preoccupanti, e ora la frattura vertebrale potrebbe ulteriormente sostenere l’ipotesi di violenza.

A complicare il quadro, il cellulare di Liliana presenta anomalie, con due chiamate di cui non ci sono tracce nei registri. L’avvocato di Stefano ha richiesto nuove analisi sul dispositivo, sperando di fare luce sulla situazione.

La famiglia di Liliana Resinovich continua a chiedere giustizia e chiarimenti, mentre il caso resta sotto osservazione da parte delle autorità, che sono costrette a riconsiderare le piste seguite fino a questo momento. Questo epilogo sottolinea l’importanza delle indagini forensi e della rilevanza di ogni dettaglio nella risoluzione di casi complessi come quello di Liliana, dove le prime conclusioni possono dimostrarsi errate con l’emergere di nuove prove.

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