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Salvo Coppolino replica: ‘Sono stato hackerato’ dopo il messaggio contro Elly Schlein

La polemica è esplosa in Sicilia, coinvolgendo Salvo Coppolino, un dirigente della destra vicino al ministro Nello Musumeci. Coppolino ha condiviso su Facebook un post offensivo nei confronti della segretaria del PD, Elly Schlein, accompagnato da un’immagine che conteneva una scritta inadeguata. Dopo le critiche furiose da parte della sinistra, Coppolino ha dichiarato di essere stato hackerato e ha categoricamente negato di aver pubblicato quel contenuto.

Dopo la diffusione del post, Coppolino ha rilasciato una dichiarazione all’agenzia Adnkronos, affermando: “Non ho mai scritto quel post osceno su Elly Schlein”. Ha spiegato che non era la prima volta che il suo profilo subiva attacchi e che sarebbe intenzionato a denunciare l’incidente alla Polizia postale. Ha anche affermato di aver immediatamente cancellato il post dopo essere stato avvertito e di aver modificato le impostazioni sulla privacy del suo profilo. La polemica ha sollevato preoccupazioni non solo per il contenuto del messaggio, ma anche per il comportamento di alcuni esponenti politici.

Le reazioni al post non si sono fatte attendere, con figure di spicco del PD che hanno espresso la loro indignazione. Debora Serracchiani ha chiesto al ministro Musumeci di prendere le distanze da Coppolino, sottolineando la necessità di una condanna ferma. Maria Cecilia Guerra ha definito il post come “il più becero maschilismo”, esprimendo la sua preoccupazione per la cultura patriarcale che permea parte della destra italiana. Anche Michele Catanzaro, capogruppo del PD all’Ars, ha manifestato il suo dissenso, dichiarando che il post era oltre ogni limite accettabile, distintamente collegato al movimento di centrodestra fondato da Musumeci.

Coppolino, oltre a trovarsi al centro della tempesta mediatica, è dirigente regionale di “Diventerà Bellissima”, un gruppo parlamentare all’Assemblea regionale siciliana, fondato da Musumeci nella precedente legislatura. Questo caso non solo ha riacceso il dibattito sull’utilizzo dei social media da parte dei politici, ma ha anche messo in luce questioni più ampie riguardo al trattamento delle donne in politica e alla cultura maschilista presente nel discorso pubblico.

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