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Il carcinoma della vescica muscolo-invasivo rappresenta una sfida significativa nel campo dell’oncologia, richiedendo strategie terapeutiche efficaci. Lo studio di fase 3 NIAGARA, presentato al Congresso 2024 della European Society for Medical Oncology a Barcellona, ha esaminato l’efficacia dell’immunoterapia perioperatoria con durvalumab. Questo approccio mira a migliorare la sopravvivenza e ridurre il rischio di recidiva nei pazienti con tumore uroteliale della vescica.

Dall’analisi intermedia del trial emerge che i pazienti trattati con durvalumab presentano una riduzione del 32% del rischio di progressione della malattia, recidiva, o morte rispetto al gruppo di confronto, che riceveva soltanto chemioterapia neoadiuvante. La sopravvivenza libera da eventi a due anni è del 67,8% nel braccio durvalumab, in confronto al 59,8% dell’altro gruppo. Inoltre, il regime con durvalumab riduce anche il rischio di morte del 25% rispetto alla chemioterapia standard. Nonostante entrambi i gruppi non abbiano raggiunto una sopravvivenza mediana, l’82,2% dei pazienti trattati con durvalumab è vivo a due anni, contro il 75,2% nel gruppo di confronto.

Lorenzo Antonuzzo, direttore della Struttura Complessa di Oncologia Clinica all’Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, commenta che l’immunoterapia rappresenta un cambiamento significativo nella pratica clinica per i pazienti con tumore infiltrante. Il regime studiato nel NIAGARA, che combina chemioimmunoterapia e durvalumab, si sta rivelando una valida alternativa al trattamento tradizionale costituito da chemioterapia e chirurgia.

Massimo Di Maio, presidente eletto Aiom, sottolinea che, sebbene la chemioterapia neoadiuvante sia stata lo standard per oltre vent’anni, il 50% dei pazienti continua a manifestare recidive. Pertanto, esiste un bisogno clinico non soddisfatto. I risultati promettenti ottenuti con durvalumab potrebbero incoraggiare una maggiore adozione della terapia neoadiuvante in Italia.

Il carcinoma della vescica è tra i più frequenti, con circa 29.700 nuovi casi stimati nel 2023 in Italia, e presenta molteplici fattori di rischio, tra cui il fumo. Inoltre, richiede un approccio multidisciplinare per garantire un efficace percorso terapeutico. Con oltre 614.000 diagnosi annuali a livello globale, l’ottimizzazione delle opzioni terapeutiche è essenziale per migliorare le prognosi dei pazienti.

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