sabato, Ottobre 5, 2024
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«Con noi pazienti nella Commissione LEA si possono evitare errori e lentezze»


«Coinvolgere una rappresentanza delle associazioni dei pazienti nella Commissione nazionale sui Lea significa poter prendere delle decisioni contando anche sul contributo di un punto di vista privilegiato vicino a reali bisogni dei malati». Queste le parole con cui Antonella Celano, presidente dell’Associazione nazionale persone con malattie reumatologiche e rare, spiega le ragioni che hanno spinto ben 163 associazioni dei pazienti, capitanate dalla capitanate dalla Favo (Federazione Italiana di Volontariato in Oncologia ETS) a scrivere e inviare una lettera aperta al ministro della Salute, Orazio Schillaci.

Cosa chiedete di preciso nella lettera?

«Abbiamo proposto 3 nomi, il mio e quello di Marcella Marletta e Maria Rosaria Di Somma, da integrare nella Commissione Lea per rappresentare le istanze delle varie associazioni dei pazienti. Il nostro è un punto di vista privilegiato che si offre a mediare tra i bisogni insodisfatti dei pazienti e i decisori. Quando si legifera si deve tenere conto di chi vive il problema. I Lea, i livelli essenziali di assistenza, non possono non tenere conto delle esigenze dei vari pazienti che chiedono sempre di più di essere coinvolti, riconosciuti e considerati nel processo decisionale. In passato sono stati fatti molti errori e vorremmo che questo non accadesse più».

A quali errori si riferisce?

«I ritardi sia nella realizzazione che nell’approvazione dei Lea. Senza contare che risultano ancora escluse dall’elenco determinate patologie che invece richiedono attenzione perché molto impattanti sulla vita dei malati e di chi se ne prende cura quotidianamente.

Tre persone bastano a rappresentare la moltitudine e la specificità delle varie associazioni dei pazienti?

«Sarebbe già importante cominciare da tre persone a cui comunque non si chiede di riportare i bisogni specifici di un singolo paziente, ma di fare una sintesi tra le varie istanze».

Cosa chiedono i pazienti?

«Vogliono che la loro patologia venga riconosciuta per poter poi avere accesso a una serie di servizi necessari per la corretta gestione della singola malattia. I pazienti voglio percorsi di cura chiari ed omogenei e molti chiedono anche il sostegno ai caregiver».

Non c’è il rischio di portare avanti istanze non sostenibili e quindi «irrealizzabili»?

In realtà, come già successo in passato, i pazienti che sono direttamente interessati da una determinata patologia possono arrivare ad offrire soluzioni anche a costo zero. Il coinvolgimento delle associazioni dei pazienti può contribuire a individuare soluzioni facilmente realizzabili».

Come procede l’integrazione delle associazioni dei pazienti nei lavori con il ministero, come previsto nel Patto della Salute?

«Abbiamo le linee di indirizzo, ma mancano istruzioni operative che consentono l’effettiva integrazione delle associazioni dei pazienti nei lavori con il ministero della Salute. Ci sono esempi di rappresentanza in alcuni tavoli tecnici e in intergruppi parlamentari, ma non è ancora qualcosa di sistematico. Su questo c’è da lavorare ancora tanto».

 



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