martedì, Ottobre 1, 2024
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Cosenza, il Covid si è portato via l’oncoematologia


Era un polo d’eccellenza in grado di diagnosticare e curare i tumori. Il punto di riferimento di un’intera regione e per le famiglie dei tanti bimbi malati oncologici. Dal 2020, invece, il centro di oncoematologia dell’Ospedale Annunziata di Cosenza è chiuso, uno dei tanti reparti chiusi ‘momentaneamente’ per far fronte alla tempesta pandemica e mai riaperti. Dopo la Sardegna (leggi l’approfondimento), prosegue in Calabria il nostro viaggio nelle regioni dove non sempre l’assistenza ai bambini colpiti da tumore è garantita.

Il caso dell’oncoematologia di Cosenza 

La chiusura del centro di oncoematologia è contestata dalle associazioni del territorio, come la Gianmarco De Maria, che dal 2002 assiste i piccoli degenti ricoverati presso l’ospedale e i loro genitori. Grazie alla FIAGOP, Federazione Nazionale delle Associazioni di Genitori e Guariti di Oncoematologia Pediatrica, abbiamo raccolto la testimonianza di Franco De Maria, Direttore dell’associazione che opera sul territorio. E che non si arrende a una chiusura che costringe molte famiglie ai viaggi della speranza fuori regione.

«Il Centro è nato nel 2001 per consentire a bambini e ragazzi di essere seguiti il più possibile vicino casa – racconta De Maria -. Poco dopo è nata la nostra associazione e abbiamo messo in piedi anche una casa di accoglienza per ospitare genitori e bambini che venivano da tutta la Calabria. Nel 2014, nel corso della manifestazione ‘30 ore per la vita’, avevamo anche organizzato una campagna di raccolta fondi per la riqualificazione del servizio che purtroppo non è andata a buone fine. Poi nel 2020 tutto è cessato».

I ‘viaggi della speranza’ e le difficoltà economiche

Un reparto come quello di Cosenza non era un lusso, ma una necessità per l’intera regione. Con la chiusura, in molti sono stati costretti a recarsi fuori regione per far curare i propri figli, con aggravio di costi e la difficoltà di conciliare i viaggi con il lavoro: «Noi abbiamo l’esempio di un elettrauto di Cosenza, unico a lavorare della sua famiglia: per seguire sua figlia, ha dovuto chiudere l’officina per quattro mesi. Quando è ritornato ha dovuto ricominciare da capo. L’abbiamo sostenuto nel pagare l’affitto. Sono spese che si vanno ad aggiungere agli altri costi. Non c’è solo la cura, ma c’è il viaggio, l’alloggio. Qualcuno è anche costretto a dormire in macchina. C’è chi fa i debiti per stare vicino al figlio» racconta De Maria.

La chiusura del reparto cosentino di fatto costringe le famiglie ad andare fuori regione, molte al Bambin Gesù di Roma. «Ci sono altri due centri di oncoematologia pediatrica in Calabria: quello di Reggio Calabria e quello di Catanzaro, in tutto sei o otto posti. Ma la gente continua ad andare fuori. Il nostro tessuto sanitario purtroppo non è attrattivo, non dà fiducia. Intorno all’oncoematologia pediatrica dovrebbero esserci una serie di altri servizi che Reggio Calabria o Catanzaro non riescono ad offrire» spiegano dall’associazione.

Riaprire l’oncoematologia di Cosenza

L’unica soluzione è riaprire il centro di Cosenza, una decisione che è nelle mani del nuovo commissario straordinario dell’Azienda ospedaliera di Cosenza, Vitaliano De Salazar, chiamato però anche a far quadrare i conti. Ma un barlume di speranza c’è.

«Abbiamo interloquito con il nuovo commissario che è arrivato da qualche mese, poco prima di Natale. Ha cominciato ad operare in maniera abbastanza semplice nella riorganizzazione dei servizi – spiega De Maria -. Si è mostrato molto sensibile negli incontri con le associazioni. Quando gli abbiamo chiesto di riaprire il centro di oncoematologia pediatrica si è mostrato molto disponibile e ha già fatto i primi passi in questa direzione. Noi stiamo facendo il possibile, ci stiamo impiegando molto da un punto di vista soprattutto burocratico e politico, cercando di sensibilizzare i sindaci di tutto il territorio».

Il lavoro di accoglienza e sostegno alle famiglie

L’associazione intanto continua il suo lavoro di accoglienza e di supporto alle famiglie. Gestisce una casa di accoglienza con 19 posti letto, e in passato non era raro vederla piena. «Oggi l’aspetto dell’accoglienza è diminuito, ma ci siamo allargati ad altri reparti, al dipartimento materno infantile, a pediatria, chirurgia pediatrica, neonatologia – conclude De Maria -. La casa ha continuato a vivere. Il rapporto con le famiglie è rimasto saldo. Le nostre risorse sono state dirottate nel sostegno alle famiglie, per viaggi, soggiorni. Per fortuna siamo nella rete FIAGOP e abbiamo i contatti con tutte le associazioni italiane. Il nostro lavoro continua ma è importante che l’oncoematologia pediatrica torni a Cosenza o continueremo a portare i nostri figli fuori regione per le cure».



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