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La recente dichiarazione di Vittorio Feltri sui ciclisti, “Mi piacciono solo quando vengono investiti”, ha generato polemiche e indignazione, suscitando reazioni da parte di diverse associazioni e cittadini. Durante l’evento “La grande Milano. Dimensione smart city” il 25 settembre, Feltri ha rilasciato questa frase provocatoria, scatenando l’ira di molte organizzazioni che si occupano di sicurezza stradale, come la Fondazione Michele Scarponi, in memoria del ciclista professionista ucciso nel 2017, e l’associazione Gabriele Borgogni, dedicata alla memoria di un giovane vittima di incidenti stradali.

Le reazioni sono state immediate: sono state annunciate querelie e richieste di dimissioni nei confronti di Feltri, consigliere regionale di Fratelli d’Italia in Lombardia. In particolare, l’associazione “Sai che puoi” ha avviato una campagna di mail bombing per chiedere le dimissioni dell’81enne giornalista. Feltri, però, ha risposto alle critiche negando di voler ritrattare le sue parole, sostenendo che le piste ciclabili di Milano siano “trappole mortali” e che la loro progettazione sia priva di logica, spingendo i ciclisti a ignorare le regole stradali.

Feltri ha anche commentato che, nella percezione pubblica, i ciclisti sono considerati “soggetti virtuosi”, spesso associati a ideologie di sinistra e visti come salvatori del pianeta dal riscaldamento globale. Ammette che la sua frase potesse apparire macabra o eccessiva, ma sostiene che l’odierna sensibilità riguardo a certi argomenti limiti la libertà di espressione, affermando: “ormai non si può più dire nulla, tutto suscita riprovazione”.

Questo episodio ha messo in evidenza non solo le frizioni tra ciclisti e automobilisti, ma ha anche sollevato questioni più ampie sulla libertà di parola e le responsabilità dei pubblici ufficiali nel dibattito sulla sicurezza stradale. Mentre Feltri resta fermo sulle sue posizioni, le associazioni continuano a lottare per una maggiore sicurezza per i ciclisti e per la giustizia per le vittime della strada.

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