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lunedì, Ottobre 7, 2024
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il mondo scientifico ne ha paura



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Questa volta non parleremo degli occhi bionici che migliorano la vista, ma dii un’iniziativa portata avanti dall’Università di Southampton e dell’Università dei Paesi Baschi e sfociata in uno studio da poco pubblicato sulla rivista PNAS.

I robot bio-ibridi, ovvero costituiti in parte da tessuti naturali, sono in rapido e continuo sviluppo e i progressi sono all’ordine del giorno. Ecco perché è necessaria sin da subito una regolamentazione etica e produttiva da seguire a livello globale, per evitare di far degenerare una situazione già di per sé piuttosto delicata.

In particolare, venendo allo studio, il team di ricercatori coordinato da Rafael Mestre dell’Università di Southampton e Aníbal Astobiza di quella dei Paesi Baschi, ha scoperto che delle oltre 1.500 pubblicazioni sull’argomento, solo cinque ne hanno considerato in modo approfondito le implicazioni etiche. Un dato decisamente allarmante e particolarmente preoccupante in ottica futura. Ma su quali basi dovrebbe si dovrebbe fondare un regolamento universale?

I ricercatori stessi hanno identificato tre aree chiave in cui i bio-robot sollevano spesso questioni etiche: l’interattività, ovvero il modo di reagire ed interagire con gli esseri umani e con l’ambiente che li circonda; l’integrabilità, ovvero il loro utilizzo prevalentemente in ambito medico per la realizzazione di arti bio-robotici o veri e propri organi utilizzati nei trapianti; ultima, ma non meno importante, la moralità che si nasconde dietro determinate scelte e azioni.

In conclusione, come dimostra il test di Turing superato da ChatGPT (almeno in un certo senso), oramai questi argomenti non fanno più parte dell’immaginario fantascientifico di opere cinematografiche, videoludiche o letterarie. Stiamo infatti parlando di ciò che presto diverrà quotidianità per milioni di persone in tutto il mondo. È arrivato dunque il momento di regolamentare ciò che potrebbe presto sfuggirci di mano.



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