lunedì, Settembre 30, 2024
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Inflazione, Associazioni dei consumatori: “Calo al 7,6% ma percorso rientro è ancora lungo”



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– Secondo i dati definitivi di maggio resi noti oggi dall’Istat, l’inflazione annua scende al 7,6%, dall’8,2% del mese precedente. Un dato accolto positivamente dalle associazioni dei consumatori secondo le quali, tuttavia, il percorso di rientro è ancora lungo e disseminato di ostacoli.

“La conferma del dato sulla crescita dei prezzi a maggio, diffuso oggi dall’Istat, ribadisce che il percorso di rientro dell’inflazione è lento: secondo le nostre stime quest’anno si dovrebbe registrare un 5,7% e si dovrebbe arrivare ad un livello prossimo al 2% solo nel 2026 – evidenzia l’Ufficio economico Confesercenti –. Continua, pertanto, l’erosione del reddito disponibile stimiamo il 16% tra il 2022 ed il 2025 e questo avrà un impatto anche sulla ripresa dei consumi, che rallenta anch’essa: nel 2025 dovrebbero mancare ancora 18 miliardi rispetto ai livelli pre-pandemia. Per il settore del commercio, il rialzo dei prezzi comporta una ulteriore criticità legata ad un possibile effetto di minori consumi: c’è il rischio che entro il 2023 chiudano altre 73mila imprese del commercio. L’urgenza è di salvaguardare il potere d’acquisto delle famiglie che stanno ancora attingendo, dove possibile, alla riserva di risparmi per mantenere livelli di consumo stabili, ma che potrebbero decidere di effettuare ulteriori selezioni, visto che già le spese obbligate guidate dai prezzi degli energetici e, ad esempio, il pagamento di interessi crescenti sui mutui ancora ieri la BCE ha deciso un ulteriore aumento stanno spostando risorse verso voci incomprimibili”.

“I dati sull’inflazione di maggio dimostrano come qualcosa si muova sul fronte dei prezzi, e attestano i primi risultati positivi delle attività avviate dal Mimit in collaborazione con Mister Prezzi e Commissione di allerta rapida per la verifica dell’andamento dei listini” commenta Assoutenti. “Nonostante in alcuni settori i prezzi rimangano elevati, il trend ha invertito la rotta e finalmente i listini tornano a scendere – spiega il presidente di Assoutenti Furio Truzzi –. Il caso più lampante è quello della pasta: dopo i forti rincari registrati negli scorsi mesi, le accuse di speculazioni e la minaccia di sciopero lanciata da Assoutenti, i listini della pasta fresca e secca frenano la loro corsa e crescono a maggio del +12,8%, contro il +19,5% di febbraio e addirittura il +22% dello scorso dicembre. Stiamo vincendo una battaglia, ma non la guerra, che sul fronte dei prezzi al dettaglio appare purtroppo ancora lunga – prosegue Truzzi – Per tale motivo, e a fronte della discesa dei listini, abbiamo deciso di sospendere l’annunciato sciopero della pasta, ma al tempo stesso chiediamo la definizione di un paniere di beni ‘salva-spesa’, da vendere sul territorio a prezzi calmierati in accordo con Gdo, produttori ed enti locali, in modo da sostenere le famiglie meno abbienti e incentivare i consumi”.

Nell’attuale scenario per Federconsumatori e CNA è necessario un intervento del governo. Il rallentamento dell’inflazione, “è dovuto soprattutto alla misurata diminuzione dei prezzi dei beni energetici. Una dinamica – sottolinea Federconsumatori – che non ci convince ancora del tutto, dal momento che, a nostro avviso, i prezzi dovrebbero diminuire molto di più di quanto non stia avvenendo. Che si voglia chiamare excluseflaction o inflazione da ingordigia, rimane il fatto che i cittadini pagano prezzi ancora eccessivamente cari, alimentando il sospetto che forti dinamiche speculative siano ancora in atto. Secondo un recente studio dell’O.N.F. – Osservatorio Nazionale Federconsumatori sui prezzi di un paniere di 30 prodotti fondamentali è emerso che, a fronte di un tasso di inflazione del 7,6%, i prezzi dei prodotti essenziali sono aumentati mediamente del doppio, cioè del 14% prendendo a riferimento i prezzi applicati a giugno 2022 e quelli di giugno 2023. Una dinamica allarmante, che in molti casi diverge dall’andamento registrato dai costi delle materie prime. Con l’inflazione a questi livelli, le ricadute per le famiglie sono comunque estremamente onerose: secondo le stime dell’O.N.F. pari a 2.264,80 euro annui a famiglia. Aumenti che non hanno lo stesso impatto per tutti: pesano molto di più per le famiglie meno abbienti. È necessario, pertanto, che il Governo operi un cambio di rotta importante e deciso”.

” Il calo dell’inflazione di maggio al 7,6%, lo stesso livello di marzo dopo la crescita di aprile, non permette di esultare. Tanto più in quanto l’aumento dei prezzi in Italia rimane sensibilmente più elevato del +6,1% registrato nell’Eurozona. Dopo una veloce crescita, l’arretramento è sicuramente lento in tutta Europa” commenta la CNA che chiede alla politica italiana e all’Ue “interventi in grado di raffreddare i prezzi, prima di tutto contrastando la speculazione”. “L’inflazione elevata, infatti, – spiega la CNA – può avere conseguenze pericolose sull’andamento dell’economia, a cominciare dal calo del potere di acquisto e dalle sue conseguenze sulla domanda interna. È l’inflazione che non scende il motivo addotto dalla Banca centrale europea per incrementare i tassi di interesse. Il combinato disposto di prezzi alti e costo del denaro in crescita può trasformarsi in un’autentica ‘tagliola’ per famiglie e imprese. La dinamica dei prezzi rimane influenzata in particolare dall’andamento dei prodotti energetici. È necessario intervenire quindi sui mercati, europei in particolare, che determinano i corsi delle materie prime, sviluppando una effettiva concorrenza. Così come un problema di concorrenza va risolto in Italia nei servizi pubblici”. CNA è preoccupata, inoltre per le conseguenze che l’inflazione alta può avere sul rinnovo dei contratti collettivi di lavoro. “L’incremento dei prezzi non corrisponde alla crescita di valore aggiunto da distribuire anche per l’annoso calo di produttività del sistema, dovuto perlopiù alla carenza delle infrastrutture, materiali e immateriali, e alla scarsa competitività dei servizi pubblici. Di conseguenza, – conclude la CNA – la perdita di potere d’acquisto dei lavoratori dipendenti non può essere compensata e questo potrebbe creare tensioni sociali di cui l’Italia non ha certo bisogno”.

Per il Codacons il calo dell’inflazione è solo “un effetto ottico”. “L’inflazione scende solo grazie al rallentamento dei beni energetici, con quelli non regolamentati che a maggio frenano dal +26,6% al +20,3% – spiega il presidente del Codacons Carlo Rienzi –. Un effetto ottico, dunque, che altera il dato sull’inflazione, dimostrato dall’andamento degli altri comparti: i prezzi degli alimentari rimangono a livelli sostenuti +11,8%, al pari del carrello della spesa +11,2%, impattando sulle tasche delle famiglie”. In base ai calcoli del Codacons, infatti, l’inflazione al 7,6% si traduce in una maggiore spesa su base annua pari a +2.879 per un nucleo con due figli, +2.223 la famiglia tipo. Solo per mangiare, un nucleo spende in media 907 euro in più, a parità di consumi. “I numeri dell’Istat – conclude Rienzi – non possono rassicurare gli italiani, perché la frenata dell’inflazione è da attribuire unicamente all’effetto ottico dell’energia, mentre per i beni più acquistati dalle famiglie i prezzi continuano a rimanere su livelli preoccupanti. Ci aspettiamo quindi dal Governo un intervento concreto ed efficace sui listini al dettaglio nei settori dove i prezzi crescono di più”.

“Gli italiani hanno speso oltre 3 miliardi in più per mangiare ma a causa del caro prezzi hanno dovuto tagliare le quantità acquistate nei primi cinque mesi del 2023” stima la Coldiretti sull’andamento dell’inflazione a maggio rispetto allo stesso periodo dello scorso anno secondo Istat che evidenzia un aumento dell’11,4 % dei prezzi dei prodotti alimentari, superiore al dato medio dell’inflazione che è scesa al 7,6%.

“Bene, positivo il rallentamento e che l’inflazione, dopo il rialzo di aprile dovuto al ritorno degli oneri di sistema sulla luce e sul gas, torni a scendere. Ma non c’è da essere entusiasti visto che siamo semplicemente tornati ai livelli di marzo, mentre in tutto il resto d’Europa, salvo l’Olanda, l’inflazione di maggio è più bassa di quella di marzo – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori –. Inoltre resta un’inflazione stellare. Per una coppia con due figli, il +7,6% significa una stangata pari a 2227 euro su base annua, di questi ben 907 servono solo per far fronte ai rincari dell’11,8% di cibo e bevande. Per una coppia con 1 figlio, la spesa aggiuntiva è pari a 2042 euro, 819 per mangiare e bere. In media per una famiglia la mazzata è di 1704 euro, 665 per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con una batosta pari a 2507 euro, 1084 solo per nutrirsi e dissetarsi”.

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