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«Le Case di Comunità non bastano, puntare sulla capillarità di MMG e farmacie»


«Vogliamo una commissione d’inchiesta sulla gestione dell’emergenza Covid non per mettere in discussione l’operato degli operatori sanitari, che è stato encomiabile, ma per capire quello che non è andato bene e non ripetere in futuro gli stessi errori». Marcello Gemmato, farmacista, deputato e responsabile sanità di Fratelli d’Italia, illustra al nostro giornale il programma sanità del partito di Giorgia Meloni che tra le priorità chiede di far luce sulla gestione della pandemia.

Il deputato pugliese non si dice convinto della riforma della medicina territoriale impostata dal ministro Speranza: «Le Case di Comunità sono 1350 e sono parametrate all’incirca una ogni 40mila abitanti. Dobbiamo invece sfruttare la capillarità di MMG e farmacie che sono ovunque» spiega Gemmato. Altro punto forte del programma di Fdi è l’abolizione del test di Medicina, posticipando la selezione al secondo anno come nel modello francese: «Il test non è lo strumento idoneo per selezionare i medici: non sono ancorati alla preparazione, nelle domande spesso non c’è legame con le conoscenze scientifiche, ci sono quiz di cultura generale poco attinenti» continua il deputato. Nel programma di Fratelli d’Italia anche l’istituzione di una Autorità Garante della Salute, indipendente e con poteri ispettivi, l’aggiornamento del Piano oncologico nazionale e la possibilità per i medici di base di effettuare un certo numero di prenotazioni urgenti in ospedale e centri diagnostici.

Onorevole, medici e operatori sanitari sono troppo pochi e troppo poco pagati. Cosa si può fare per risolvere il problema della carenza?

«Per superare la carenza dei medici bisogna porre rimedio a quello che è stato il numero programmato che in realtà, non è stato affatto programmato bene dato che vi è una crisi numerica di medici e operatori sanitari. Nella proposta di Fratelli d’Italia noi chiediamo, oltre ad aumentare il numero dei posti a medicina, di cancellare il test di accesso alle facoltà scientifiche del primo anno e, come avviene con il modello francese, fare una selezione al secondo anno. Si frequenta l’università, se si superano gli esami si passa al secondo anno, diversamente si viene esclusi. Il test non è lo strumento idoneo per selezionare i medici: non sono ancorati alla preparazione, nelle domande spesso non c’è legame con le conoscenze scientifiche, ci sono quiz di cultura generale poco attinenti. Questo porta a far accedere alle facoltà mediche persone che poi abbandonano durante il percorso. Facciamola la selezione, ma al secondo anno».

Nel vostro programma c’è la creazione di una commissione d’inchiesta sulla gestione del Covid. Cosa non vi ha convinto?

«La gestione del Covid ha molti punti di ombra. Voglio ricordare che insieme al collega Galeazzo Bignami siamo stati costretti a portare in tribunale il ministro Speranza per far produrre il piano pandemico e abbiamo scoperto che il piano pandemico non esisteva. Sull’acquisto delle mascherine ci sono state altre mancanze. Non è una commissione per colpire la classe medica, i professionisti che hanno svolto puntualmente e fino in fondo, anche con l’estremo sacrificio, il loro dovere. Serve a fare chiarezza su tutta una serie di storture, su tutta una serie di criticità, sulla mancanza della sanità territoriale, anche sui limiti strutturali della nostra sanità che se non mettiamo in luce oggi corriamo il rischio di ripetere domani».

Che ruolo possono giocare le farmacie nella nuova visione della medicina territoriale?

«Secondo me un ruolo straordinario. Insieme ai medici di medicina generale, sono quel presidio sul territorio diffuso, capillare. Penso soprattutto alle farmacie rurali che insistono su piccole comunità di ottocento, mille abitanti. Lì non vi è sanità territoriale, ci sono le farmacie. L’idea è quella di sfruttare la capillarità, la cosiddetta ‘pianta organica’, che pone le farmacie distanti una 200 metri dall’altra, presenti sia nel centro delle grandi città che nelle periferie. Con i soldi del PNRR, l’ammodernamento tecnologico, la telemedicina che potrebbe essere messa a disposizione delle farmacie e degli studi dei MMG potremmo avere una sanità di prossimità migliore rispetto a quella immaginata con le Case di Comunità che sono 1350 e sono parametrate all’incirca una ogni 40mila abitanti. Pensate a una zona montana: mettere insieme 40mila abitanti significa mettere insieme 30 o 40 comuni. Invece le farmacie e i medici MMG ci sono: sfruttare queste professionalità è il miglior modo per far funzionare la sanità territoriale».

 



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