ospedale infermiere

Nel 2025 è previsto l’arrivo della figura dell’assistente infermieristico, professionista che si colloca a metà tra gli operatori sociosanitari (Oss) e gli infermieri. Questa nuova figura è in risposta alle crescenti difficoltà del settore, inclusa la carenza di personale, i turni di lavoro pesanti e le violenze subite dagli operatori della sanità. Tuttavia, molti sindacati, tra cui la Fp Cgil, esprimono preoccupazioni riguardo a questa introduzione. Michele Vannini, segretario nazionale della Fp Cgil, definisce l’assistente infermieristico “un passo indietro”, criticando le condizioni lavorative che già scoraggiano molti dal diventare infermieri. La bassa retribuzione e la mancanza di riconoscimento sociale, aggravate da aggressioni, sono tra le principali cause della crisi della professione.

Il progetto di legge per l’assistente infermieristico è in fase di attuazione da due anni e, sebbene possa entrare in vigore entro la fine del 2025, non risolve il problema della mancanza di infermieri. Secondo Vannini, la situazione retributiva tra infermieri e assistenti potrebbe portare ulteriori disuguaglianze, con rischi per la qualità dell’assistenza.

Antonio De Palma, presidente del sindacato degli infermieri Nursing Up, critica la creazione di questa figura, ritenendo che aggravi la precarietà della professione infermieristica e metta a rischio la qualità dell’assistenza, essenziale nel settore. Riferisce di incontri avuti nel 2023 che non sono stati seguiti da azioni concrete da parte delle autorità sanitarie, esprimendo dubbi sui reali benefici dell’assistente infermieristico.

Vannini sottolinea i rischi legati alla legge Gelli sulla responsabilità sanitaria, evidenziando che gli assistenti non sono professionisti riconosciuti e non godono della stessa copertura assicurativa degli infermieri. Questo porta a interrogativi su come affrontare eventuali malpratiche, specialmente in situazioni critiche.

In merito alla formazione degli assistenti infermieristici, si prevede un percorso di 500 ore, ma l’assenza di corsi statali e le diverse modalità di attuazione da parte delle regioni suscitano preoccupazioni. Vannini conclude esprimendo scetticismo sull’efficacia di queste misure, ritenendo che non possano soddisfare le esigenze del sistema sanitario e degli utenti.

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