invecchiamento


Un orologio che analizza circa duecento proteine nel sangue, potrebbe stimare il rischio di sviluppare diverse malattie, inclusi cancro, diabete, malattie cardiache e morbo di Alzheimer. Questa ricerca, pubblicata su Nature Medicine, rappresenta un passo avanti significativo nella medicina preventiva

L’orologio proteico e il nuovo studio 

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Un orologio proteico per valutare non solo l’età cronologica, ma anche lo stato di salute complessivo di una persona, al centro di uno studio condotto dal Massachusetts General Hospital di Boston

Un recente studio ha sviluppato un innovativo “orologio proteico” per valutare non solo l’età cronologica, ma anche lo stato di salute complessivo di una persona. Questo approccio mira a migliorare la prevenzione delle malattie croniche, un obiettivo fondamentale per prolungare la vita e migliorare la qualità della vita.

Austin Argentieri, ricercatore del Massachusetts General Hospital di Boston, sottolinea che «In ultima analisi, vivere più a lungo si riduce alla prevenzione delle malattie croniche». Questo commento riflette la missione dello studio, che si basa su una vasta raccolta di dati per esplorare come le proteine nel sangue possano offrire indizi importanti sullo stato di salute.

Il progetto ha analizzato i dati di 45.441 partecipanti provenienti dalla Biobank del Regno Unito, una risorsa preziosa che fornisce campioni biologici e informazioni dettagliate su milioni di persone. I ricercatori hanno scoperto che i livelli di 204 proteine nel sangue erano in grado di predire con alta precisione l’età biologica di una persona. Inoltre, un orologio proteico più semplice, basato solo sulle venti proteine più indicative, ha offerto previsioni quasi altrettanto precise.

Tra queste, si distinguono l’elastina e il collagene.

Esse sono essenziali per il supporto strutturale delle cellule, insieme a quelle coinvolte nella risposta immunitaria e nella regolazione ormonale.

Test del nuovo orologio proteico su diverse popolazioni

Il team di ricerca non si è limitato ad analizzare i dati della Biobank. Per validare l’efficacia e l’universalità dell’orologio proteico, gli scienziati hanno esteso il loro studio a diverse popolazioni a livello mondiale. L’orologio è stato testato su circa 4mila partecipanti in Cina e quasi 2mila in Finlandia. Questi test internazionali hanno confermato che il metodo offre risultati accurati e affidabili anche in contesti genetici e ambientali different.

Cosa che, dimostra la robustezza e l’applicabilità globale dell’approccio. Sara Hägg, epidemiologa molecolare dell’Istituto Karolinska di Stoccolma, sottolinea chi si tratta di «uno studio molto corposo».

L’analisi dei dati ha rivelato un’importante correlazione tra l’età proteica e la salute generale. Quando l’età biologica di un individuo, calcolata tramite i livelli proteici, superava l’età cronologica, si osservava un aumento significativo del rischio di sviluppare malattie croniche. Gli individui con un’età biologica avanzata rispetto alla loro età anagrafica presentavano una probabilità notevolmente più alta di contrarre condizioni gravi come diabete, cancro e disturbi neurodegenerativi. Inoltre, l’accelerazione dell’invecchiamento proteico è stata associata a vari indicatori di deterioramento fisico, tra cui fragilità, rallentamento dei tempi di reazione e un aumento del rischio di mortalità prematura. Questi risultati suggeriscono che il monitoraggio dell’età proteica potrebbe diventare un indicatore fondamentale per la prevenzione e la gestione delle malattie croniche.

Prospettive future e potenzialità

Il prossimo obiettivo per gli scienziati è ampliare la diversità dei dati raccolti e approfondire come fattori ambientali e comportamentali possano influenzare l’invecchiamento proteico. A tal riguardo, Argentieri evidenzia un’importante questione «OK, puoi parlarmi del mio rischio futuro per diciotto diverse malattie. Ma posso fare qualcosa per cambiare quella traiettoria?» Questo interrogativo sottolinea la necessità di capire non solo come l’orologio proteico può prevedere il rischio di malattie, ma anche come gli individui possano intervenire per modificare il proprio profilo di rischio.

In risposta a questa domanda, il team di ricerca sta esplorando come questa metodologia possa essere utilizzata per monitorare l’efficacia di nuovi trattamenti medici. L’idea è di valutare se e come le terapie possono influenzare l’invecchiamento proteico e, quindi, prevenire malattie croniche. Questo approccio potrebbe offrire una risposta più tempestiva rispetto agli studi tradizionali, che spesso richiedono anni per mostrare risultati concreti.



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