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Si è svolta nell’aula bunker del carcere Pagliarelli di Palermo l’udienza del processo Open Arms, in cui l’ex ministro dell’Interno Matteo Salvini è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio. Durante questo processo, le parti civili hanno richiesto un risarcimento totale superiore a 1 milione di euro, cifra su cui Salvini ha commentato duramente tramite i social media. In particolare, il pubblico ministero ha chiesto per lui 6 anni di reclusione, citando il comportamento di Salvini nell’agosto 2019, quando trascinò lo sbarco di 147 migranti soccorsi dalla nave Open Arms. L’imbarcazione rimase ferma per 20 giorni di fronte a Lampedusa.

Nell’udienza del 20 settembre, gli avvocati di parte civile hanno specificato che il risarcimento sarebbe distribuito tra i naufraghi, diverse organizzazioni non governative e il comune spagnolo di Barcellona; anche il comune di Palermo si era costituito parte civile, ma la nuova amministrazione di centrodestra rischia di decadere da tale posizione se non presenterà una richiesta entro la sentenza finale. Per la prima volta, uno dei naufraghi ha chiesto direttamente un risarcimento, richiedendo 50.000 euro in particolare da Salvini, quando all’epoca dei fatti aveva solo 15 anni.

Il processo è stato rinviato al 18 ottobre, in vista dell’arringa difensiva di Salvini, rappresentato dall’avvocata Giulia Bongiorno. Il leader della Lega ha reagito con indignazione alle richieste di risarcimento, definendole una follia e paragonandole a uno scherzo di cattivo gusto. In un altro sviluppo, Salvini ha incontrato il premier ungherese Viktor Orban, il quale ha mostrato interesse per il caso e ha promesso la presenza di una delegazione del suo partito a Pontida e in Sicilia durante l’udienza.

I vari eventi e la reazione di Salvini pongono interrogativi importanti sulla libertà di governo e sull’accoglienza dei migranti, continuando a generare dibattiti intensi a livello politico e sociale. Il processo Open Arms si configura, quindi, non solo come un procedimento legale, ma come un simbolo delle attuali tensioni politiche e sociali in Italia riguardo il tema dell’immigrazione.

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