L’assistenza sanitaria alle persone che vivono in condizione di grave marginalità sociosanitaria, come migranti, homeless, detenuti, richiede un approccio integrato e multisettoriale. Ed anche risorse adeguate e politiche inclusive sostenute da evidenze scientifiche. Ma vi sono ancora diversi aspetti da migliorare, nonostante alcune buone pratiche siano state messe in campo soprattutto a livello locale.

Su questi temi si è discusso nel convegno organizzato nella sede dell’Istituto Superiore Sanità (ISS), in occasione della presentazione di una monografia.

L’interessante lavoro dal titolo “La salute delle popolazioni in condizione di grave marginalità sociosanitaria” è parte del Bollettino Epidemiologico Nazionale dell’ISS.

Due studi hanno analizzato lo stato di salute degli esclusi

Uno studio di Intersos, organizzazione no-profit che si occupa di promozione della salute, ha indagato lo stato di salute nell’area della Capitanata di Foggia. Qui, migranti soprattutto irregolari, sfruttati nel comparto agro-alimentare, dimorano in un ghetto isolato, permanente e sovraffollato. Dalla ricerca si delinea un profilo di salute caratterizzato prevalentemente da patologie non trasmissibili come quelle a carico dell’apparato digerente e muscoloscheletrico. Non vi è evidenza di patologie infettive di importazione/tropicali; sono invece frequenti traumatismi dovuti a incidenti sul lavoro.

Due studi hanno analizzato lo stato di salute degli esclusi nelle grandi aree urbane che si rivolgono ad ambulatori del terzo settore per ricevere assistenza sanitaria. Il contributo di Caritas di Roma ha rilevato una modifica del quadro epidemiologico degli assistiti nel corso di quarant’anni. Si registra un aumento delle malattie croniche, soprattutto cardiovascolari e metaboliche, e una riduzione delle malattie infettive.

I ricercatori si sono concentrati sui vaccini anti Covid

L’Opera San Francesco a Milano ha invece approfondito la frequenza delle malattie croniche nei propri assistiti. Ha così stimato una maggiore prevalenza di malattie cardiovascolari, mentali e metaboliche (diabete) tra i migranti del Sud America e dell’Asia rispetto alle popolazioni europee.

I ricercatori dell’ISS hanno approfondito il tema del mancato accesso all’assistenza sanitaria da parte soprattutto dei migranti irregolari. Essi si sono focalizzati sul tema della vaccinazione anti Covid. Come già documentato in molti Paesi europei, i vaccinati stranieri non residenti sono risultati una limitatissima percentuale.

È forse anche poco sfruttato il patrimonio di dati raccolto dagli operatori del terzo settore. Questo potrebbe rappresentare una base per avviare politiche almeno a livello di comunità.

Ulteriori studi potrebbero rappresentare il fondamento razionale per comunicare con i decisori politici. E sarebbero anche funzionali a rappresentazioni sociosanitarie finalizzate a trasmettere ‘una scossa etica’ in Italia e in Europa.

Lo stato di salute delle persone detenute

Gli studiosi devono anche concentrarsi sullo stato di salute delle persone in condizione di detenzione.

Una valutazione dell’uso dei farmaci è stata condotta in cinque istituti penitenziari delle ASL Roma 2 e della Asl Viterbo. È emerso un elevato ricorso a farmaci per le patologie del sistema nervoso centrale, dell’apparato gastrointestinale e per il trattamento dei disordini metabolici.

Gli autori dello studio hanno osservato che, tra le criticità nelle modalità di offerta dell’assistenza alle persone detenute, vi sia la mancanza di un sistema informativo. Sistema che consenta la raccolta di dati relativi alla salute di queste persone.

«Purtroppo questo ambito di ricerca epidemiologica appare ancora poco esplorato – sottolineano li curatori della monografia – mancano le infrastrutture per una raccolta sistematica dei dati. O se realizzate sono da perfezionare e sono poche le iniziative di formazione e informazione destinate agli operatori sanitari dei servizi territoriali».



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