mercoledì, Ottobre 2, 2024
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Teatro Argentina di Roma riparte con 'Pupo di zucchero' di Emma Dante



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E’ il 2 novembre, è la ricorrenza dedicata ai defunti, ma l’atmosfera tetra per non dire macabra della circostanza lascia filtrare spesso la luce della gioia, del ricordo felice, della danza surreale che accompagnano ‘Pupo di zucchero: la festa dei morti’, l’opera scritta e diretta da Emma Dante, liberamente ispirata da ‘Lo cunto de li cunti’ di Giambattista Basile, che inaugura la nuova stagione del teatro Argentina a Roma. Come oramai da consolidata tradizione, la regista palermitana propone un’opera corale – in questo caso in dialetto napoletano – con la presenza in scena di una decina di attori, fra cui Carmine Maringola nei panni del vecchio protagonista che rievoca i ‘suoi’ morti; Stephanie Taillandier per la mammina; Nancy Rabona, Maria Sgro, Federica Greco per le tre sorelle.

L’opera – prodotta da Sud Costa Occidentale in coproduzione con diversi enti fra cui il Teatro nazionale di Napoli, il Biondo di Palermo, il Theatre National di Marsiglia e il Festival d’Avignone – resterà in scena al Teatro di Roma fino al 30 ottobre, seconda ispirazione per Emma Dante da Basile, dopo ‘La scortetaca’ di cinque anni fa. Al centro della vicenda surreale è la rievocazione dei cari defunti da parte di un vecchio, oramai rimasto avvolto nella sua solitudine, nella notte che precede la festività il 2 novembre, mentre prepara il tradizionale dolce meridionale dell’occasione, ovvero il pupo di zucchero evocato nel titolo, un impasto di acqua, farina e zucchero per una statuetta antropomorfa da fagogitare anche con una certa voluttà.

Spiega l’autrice e regista Emma Dante: “La tradizione di diversi luoghi del Meridione vedeva l’usanza di organizzare banchetti ricchi di dolci e biscotti, in cambio dei regali che il 2 novembre i parenti dei defunti portavano ai bambini dal ‘regno dei morti’, per ricordare i cari scomparsi. Durante il rituale notturno, la cena era un momento di ‘patrofagia’ simbolica, nel senso che il valore originario dei dolci antropomorfi era proprio quello di raffigurare le anime dei defunti, in qualche modo per ‘cibarsene’, fra memoria dei morti e festa della vita”.

(di Enzo Bonaiuto)

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