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una donna scozzese sopravvisse impiccagione rilasciata v3 703687

Siamo abituati a credere che una condanna a morte equivalga a dire “morte certa”, poiché siamo stati spinti a credere che tutte le condanne in passato finissero così. Non è proprio vero.

In diversi paesi, tra cui il Regno Unito, c’era infatti la possibilità che tu potessi sopravvivere alla tua condanna a morte, se avevi un’incredibile resistenza e fortuna.

Tuttavia, ciò cambiò definitivamente nel 1724, a seguito di uno strano caso avvenuto in Scozia ai danni di Margaret Dickson.

Margaret era una comune pescivendola di Musselburgh, a circa 8 km da Edimburgo, quando suo marito fu arrestato. L’uomo fu così costretto ad arruolarsi nella Royal Navy per sfuggire alla condanna, ma la moglie, restata sola, non fu particolarmente felice di questa decisione.

Cercò di trovarsi rapidamente un nuovo compagno, ma dopo essere rimasta incinta fu scaricata e costretta a passare la gravidanza da sola, senza alcun supporto.

Al momento della nascita del piccolo, stremata ma ancora giovane, sapeva che non poteva garantirgli una vita felice. Così decise di annegarlo, sperando di potersi rifare una vita lontano dalla sua città.

Purtroppo per lei fu scoperta e accusata d’infanticidio e fornicazione (tutti in città sapevano che il piccolo non poteva essere il figlio dell’ex marito) fu condannata all’impiccagione e portata ad Edimburgo.

All’età di soli 22 anni, Margaret fu quindi condotta sul patibolo, ritenuta non degna di ottenere la grazia e umiliata in pubblico. Il boia John Dalgliesh eseguì quindi la sentenza, nell’attuale piazza di Grassmarket ad Edimburgo, nel centro storico cittadino, ma per quanto avesse stretto bene la forca attorno al collo della giovane, Margaret sopravvisse a lungo alla sua impiccagione, terrorizzando il pubblico riunitosi per vedere la sua morte. Come ci riuscì?

Non ci sono molte descrizione storiche che descrivono la scena, ma una antica leggenda scozzese afferma che il corpo di Margaret penzolò per diversi minuti, mentre lei, mani dietro la schiena, continuava a contorcersi finché non svenne.

Il medico cittadino, probabilmente impressionato come il resto della platea per quello che aveva appena visto, si affrettò a dichiararla morta e a chiudere il suo corpo esamine dentro una bara, che affidò ai pochi parenti della giovane venuti ad Edimburgo per assistere al triste spettacolo.

La sera successiva, mentre i parenti di Margaret stavano piangendo alla veglia funebre, un rumore cominciò tuttavia a sentirsi all’interno della bara. Era la stessa condannata, che risvegliatasi murata viva, stava gridando aiuto.

Sconvolti dalle grida, i parenti ruppero il coperchio della bara e si trovarono davanti ad uno spettacolo impressionante: Margaret era viva, tutta sudata e con dei profondi lividi sul petto e sul collo, ma vigile e ancora in grado di pregare.

Le ragioni per cui la donna sopravvisse probabilmente furono due. Il boia non compì bene il suo dovere, facendo indossare alla giovane una corda troppo sottile e morbida. Con una corda simile, il sangue infatti può continuare a defluire verso il cervello lentamente e l’aria può passare attraverso la trachea, seppur con una certa difficoltà. Inoltre la giovane era molto magra. Non aveva un peso notevole. La leggenda racconta che questa condizione l’avesse aiutata a non rompersi il collo, quando il piedistallo su cui poggiava fu fatto cadere. Svenendo, infine, indusse tutti a pensare che fosse morta e che quindi la sua pena potesse essere considerata conclusa prima che il suo cuore cessasse veramente di battere.

Il caso di Margaret Dickson sconvolse il Regno Unito e quando alcuni preti chiesero al giudice di Edimburgo di continuare a perseguire la donna, egli si espresse dicendo che giustizia era stata fatta e che la pena era stata eseguita. Lo stesso fatto che la donna fosse “risuscitata” indicava che Dio fosse dalla sua parte e che nessun uomo poteva giudicarla di nuovo, per lo stesso crimine.

Margaret visse altri 40 anni e si risposò con lo stesso marito che l’aveva abbandonata. Venuto a sapere quello che era successo, egli decise infatti di abbandonare la Royal Navy e di affrontare la giustizia, pur di rivedere la moglie. La perdonò persino del tradimento e volle risposarla, in quanto “la morte li aveva separati”. Con questo gesto, il giudice decise di non fargli scontare la pena e di tramutare i suoi anni in carcere con una multa simbolica.

A seguito però di questo processo, le parole “fino alla morte” vennero aggiunte alle sentenze inglesi, in modo tale che i condannati scontassero effettivamente “tutta la pena”. Nel corso degli anni precedenti diversi altri casi avevano infatti dimostrato che le impiccagioni non sempre funzionavano. Questa fu una delle ragioni che spinsero i regnanti francesi ad approvare l’invenzione della ghigliottina.

Per quanto oggi l’impiccagione viene considerata crudele dalla maggioranza degli stati del mondo, in verità diversi paesi, come il Giappone, continuano a preferirla rispetto altri metodi quando devono eseguire una sentenza capitale. Altri paesi come gli Usa stanno invece compiendo delle sperimentazioni con l’ipossia d’azoto, da quando alcune compagnie farmaceutiche si sono rifiutate di fornire i farmaci con cui fino a poco tempo fa venivano uccisi i condannati a morte.

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