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Una spesa folle per la statua dell’imperatore del Giappone



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Il Sol Levante attrae milioni di visitatori ogni anno da diverse parti del mondo e fra le strutture più frequentate dai turisti c’è il tempio Tōdai-ji di Nara, antica capitale medioevale del Giappone, che ospita una delle statue del Buddha più importanti del paese.

La storia di questo Buddha e del suo tempio è molto particolare e contribuisce ad accrescere il già straordinario fascino della città in cui si trova, Nara, meta obbligata di molti tour operator e per tutti coloro che vogliono conoscere la storia antica del Giappone.

Esso venne realizzato durante il regno di Shomu, il 45° imperatore del Giappone, secondo la storiografia ufficiale, che governò dal 724 al 749 d.C. Per consolidare il suo paese, dopo alcuni anni di guerra civile, Shomu decise di fare affidamento alla religione e nel tentativo di mantenere il potere fu responsabile della marcata diffusione del buddhismo in Giappone, la cui dottrina si era diffusa nei secoli precedenti in tutta l’Asia.

Buddha era nato circa 1.000 anni prima, in India, e aveva fondato la sua intera religione su 4 semplici precetti, note come le Grandi Nobili Verità.

Per omaggiare il Buddha, Shomu decise di dedicargli nuovi grandi templi in tutto il suo impero e di realizzare un tempio più grande a Nara, che avrebbe ospitato la struttura lignea più voluminosa del mondo, il Daibutsuden, ovvero la Sala del Grande Buddha con l’effigie del Vairocana, il Buddha universale del buddhismo esoterico.

L’imperatore voleva che questa grande statua fosse imponente, capace di rivaleggiare con tutte le altre statue allora presenti in Giappone, e decise così di mettersi all’opera e di riversare buona parte del suo tesoro nella realizzazione di questa impresa.

Sfortunatamente, nello stesso periodo, il suo regno venne colpito da una grave carestia, che portò la popolazione a morire di fame e ad alcune famiglie nobiliari a congiurare contro di lui.

Ciò portò ovviamente le casse imperiali a perdere ingenti somme, perché l’imperatore dovette spendere buona parte del suo tesoro per pagare il cibo che serviva per nutrire gli eserciti a lui fedeli. La decisione che stette quasi per portarlo sul lastrico fu però quella connessa alla statua del Buddha.

Shomu desiderava che la statua di bronzo fosse gigantesca e che la sua superficie fosse placcata d’oro, tanto da risplendere anche in assenza di luce solare, quando era illuminata esclusivamente dalle candele.

La costruzione della singola statua durò 6 anni e la sua realizzazione impoverì ulteriormente il paese, visto che la maggioranza del bronzo e dell’oro in commercio veniva spedita a Nara per la costruzione della statua.

In totale, essa ebbe di bisogno di oltre 338 tonnellate di rame e stagno (da cui si ricava il bronzo, che è una lega) e di oltre 16 tonnellate di oro purissimo, proveniente da delle miniere situate proprio all’interno della regione di Nara.

Quando la statua fu finita, Shomu si rasò i capelli e decise di diventare il “servo dei Tre tesori”, ovvero un monaco buddhista, abdicando in favore della figlia Koken, che salì sul trono con le casse imperiali quasi del tutto vuote.

Da quel momento in avanti, Shomu visse insieme a sua moglie Komyo all’interno del tempio e i suoi successori, nel caso in cui avessero voluto abdicare, avrebbero seguito il suo esempio, decidendo di divenire monaci buddhisti.

Alcuni storici hanno tentato di calcolare il numero di morti provocati dalla carestia avvenuta durante la realizzazione della statua del Grande Buddha, ma questi tentativi sono stati ostacolati dalla difficoltà di ottenere dei dati certi.

La storiografia nipponica tende però a non tenere in considerazione le sofferenze provocate dalla realizzazione di questa statua, poiché è considerata una delle iconografie sacre del Buddha più importanti del mondo e uno dei simboli stessi del Giappone.

Shomu tuttavia si distinse rispetto ai suoi predecessori anche dopo la sua abdicazione.

Nel 752 organizzò una festosa cerimonia che consacrava il Daibutsuden come sala che proteggeva l’effige sacra del Buddha, in cui oltre a lui e alla coorte della figlia c’erano 7.000 cortigiani e 10.000 monaci provenienti da tutto il regno. Durante i suoi ultimi anni di vita, fino al 756, fu invece solito regalare del cibo a tutti i visitatori che giungevano a Nara, per pregare o anche solo per conferire con lui.

Nel tentativo di rendere il tempio di Buddha autosufficiente, fece anche costruire degli ampi giardini e dei campi coltivati, in cui gli aiutanti dei monaci potevano coltivare tutto il cibo di cui avevano bisogno.

Essendo ambientato molti secoli più tardi, è molto probabile che in Assassin’s Creed Shadows potremo visitare il tempio di Tōdai-ji a Nara, come alcuni castelli feudali che vennero in seguito realizzati nella stessa regione.

Per quanto riguarda invece l’imperatrice Koken, essa è nota per aver riparati i danni economici causati dal padre, non riuscendo però a risolvere la crisi politica che da tempo imperversava in Giappone. Decidendo di non sposarsi e di non avere figli, spesso viene paragonata alla regina Elisabetta I d’Inghilterra, che come lei ebbe dei problemi per quanto riguarda la linea di successione.



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